Logo esteso South Face Paradise

Cronistoria

Il nuovo mattino: ogni grande parete ha una grande storia. Questa è la nostra

1972: è l’anno del cambiamento. Per la prima volta cominciano a essere prese in considerazione le pareti di fondovalle.

Si registrano i primi tentativi di Cotta e Saviane sulla parete dell’Ancesieu, in Valle di Forzo e di Machetto e Gogna sullo Scoglio di Mroz all’inizio della Valle di Piantonetto.

Quasi in concomitanza avviene la prima salita del Caporal, opera invece delle cordate guidate da Motti e Manera: è l’inizio di un nuovo capitolo.

1973: un anno mitico in cui vengono superati gli standard di difficoltà precedenti con alcune salite  simbolo che sono il frutto della filosofia del Nuovo Mattino elaborata da Gian Piero Motti.

Gogna (con Cerruti) continua l’esplorazione dello Scoglio di Mroz con la Via della Torre Staccata, di bellezza notevole, ma l’impresa dell’anno è sicuramente la salita del Sole Nascente al Caporal, à opera di Motti, Grassi e Kosterlitz.

Più o meno lo stesso gruppo mette mano per la prima volta alla Torre di Aimonin.

Galante e Grassi invece scoprono il Sergent e tracciano la Cannabis, un piccolo capolavoro di libera e artificiale.

Manera, sull’onda dell’entusiasmo, traccia la Via della Rivoluzione al Caporal, un capolavoro di scalata mista.

1974: si intensifica l’esplorazione delle strutture di bassa valle nella gola di Balma Fiorant ma la novità sono le salite in libera di Galante, veramente estreme e ardimentose, un vero salto di qualità dai tempi di Gervasutti. Galante e Bonelli salgono il Diedro del Mistero e la fessura della Disperazione al Sergent, il Diedro Nanchez al Caporal, toccando probabilmente il limite del VI superiore con scarse protezioni o senza usarle del tutto.

Manera esplora la Parete delle Aquile e la Parete dei Falchi a lato del Caporal, pareti tuttavia destinate a rimanere per sempre nell’ombra rispetto al Caporal e al Sergent,

1975: rispetto ai precedenti è un anno di stasi dove sembra sia rimasto ben poco da dire di nuovo e le vie di rilievo dell’anno sono quelle di Motti al Caporal (Itaca nel sole) e Grassi alla Parete delle Aquile (Grotta Fiorita).

1976: nuovi protagonisti si affacciano sulla scena ed è così che le cose migliori le fa Roberto Bonelli, sulla Parete del Disertore della Grande Ala, dando l’impressione di un certo smarrimento dopo i travolgenti avvenimenti degli anni precedenti. E comunque evidente la volontà di continuare il discorso lasciato sospeso da Galante, nel frattempo scomparso in montagna.

1977: altro anno di stasi. La figura emergente nel panorama delle aperture è senza dubbio Isidoro Meneghin, che si distingue subito per alcune vie nuove sulla Parete dei Falchi e sul Sergent (Nicchia delle Torture). Lo stile di Isidoro è comunque più alpinistico, lontano dal free-climbing che aveva ispirato il gruppo di Motti, e non disdegna il massiccio ricorso all’artificiale. Tuttavia moltissime pareti secondarie portano la firma di Meneghin come primo esploratore assoluto.

1978: Roberto Bonelli riesce, dopo otto anni di tentativi, a ripetere la Fessura Kosterlitz. Lo stesso Bonelli si concede l’apertura di un’altra via sulla Parete del Disertore.

1979: il VII grado viene finalmente raggiunto, da un giovane emergente, sulle rocce del Caporal: Gabriele Beuchod sale direttamente in libera l’Orecchio del Pachiderma, un’impresa che va oltre le salite di Kosterlitz e Galante.

Bonelli e Beuchod formano intorno a se un piccolo gruppo che si ripropone, in punta di piedi, di continuare a esplorare la valle secondo la filosofia del Nuovo Mattino, senza tuttavia ricercare la difficoltà fine a se stessa.

1980: il palcoscenico si divide. Da una parte le pareti di bassa valle, dove un nuovo arrampicatore di talento come Marco Bernardi si affaccia sulla scena. Dall’altra la montagna, dove Manera e Meneghin continuano l’esplorazione del gruppo e tentano di trasportare anche in quota l’entusiasmo dei tempi del Caporal e del Sergent. A essi si affiancherà presto anche Grassi, iniziando così un nuovo periodo esplorativo.

Bernardi sale in libera il Diedro Nanchez al Caporal, altro VII grado, quindi il Camino Bernardi al Sergent, VII sprotetto.

Poi con Grassi raggiunge lo stesso grado in montagna, sul Monte Nero, dando prova di essere un arrampicatore completo.

Intanto Beuchod e Bonelli non stanno con le mani in mano: con Gogna scoprono la parete dei Cavalieri Perdenti, quindi quella delle Ombre, dando inizio a una serie di nuove vie di poca risonanza ma di alta classe.

1981: l’interesse si sposta sulle pareti inesplorate di Noaschetta, scoperte da poco. Meneghin e Manera superano la grande parete dell’Ancesieu, poi lo spigolo sud della Torre del Blanc Giuir.

Manera poi si unisce a Sant’Unione per affrontare l’inviolata parete sud del Monte Castello mentre Grassi si dedica a un’esplorazione a tappeto della Cresta dei Prosces in Noaschetta.

In bassa valle, mentre Bernardi raggiunge I’VIII grado (7a) salendo Incastro Amaro al Sergent, Mario Ogliengo posa i primi spit sulla Placca del Cacao. Più discretamente Gabriele Beuchod tesse i suoi capolavori con Nocciolina prigioniera alle Ombre e il Principe al Serpente di Legno.

1982: i giovani emuli di Bernardi aprono Rattle Snake al Caporal, mentre Manolo e Bassi in persona liberano la via Cochise al Cubo. Manolo strabilia poi tutti salendo a vista Incastro Amaro, il 7a di Bernardi, che nel frattempo si è dedicato alla neonata arrampicata sportiva, e il Totem Bianco alla Parete del Disertore. In valle si affacciano anche Berhault ed Edlinger, le due icone del momento.

1983: potremmo definirlo un anno neoclassico, quello che sancisce il ritorno a un alpinismo sui binari tradizionali con nuovi protagonisti, nonostante il passaggio di fuoriclasse come Manolo e Bernardi negli anni precedenti facesse prevedere sviluppi verso l’arrampicata sportiva.

Le pareti del Caporal e del Sergent tornano di moda grazie ai torinesi Caneparo e Oviglia che si distinguono in una serie di aperture tradizionali.

Il giovanissimo Roberto Mochino impiega 36 ore per una grande via artificiale sul Sergent, mentre controcorrente agisce solo lo svizzero Marco Pedrini che, utilizzando lo spit e aprendo dall’alto, raggiunge il IX grado sulle pareti del Caporal. Sulla stessa parete è da segnalare la prima libera di Tempi Moderni a opera di Michel Faquet: VIII grado su chiodi scadenti..

1984: Daniele Caneparo dopo aver scalato in invernale il Monte Castello si dedica alle nuove aperture sulle pareti di bassa valle: rivivono Sergent e Caporal con una serie di belle salite in compagnia di Oviglia, sempre seguendo i binari della tradizione.

Mentre scompare tragicamente Gian Piero Motti gli spit arrivano sul Sergent, piantati dall’alto come voleva il vento nuovo che cominciava a soffiare impetuoso dalla Francia.

1985: sono arrivati gli spit ma nel Gran Paradiso attecchiscono poco, solo sulla parete del Sergent. Il personaggio dell’anno è qui l’eclettico Roberto Mochino, capace di andare da una invernale al Lungo Cammino dei Comanches (Caporal) con bivacco su staffe a una salita in libera su spit passando per una grande via artificiale.

Nel 1985 riesce a saltare dall’artificiale precario di Cocaine agli spit piantati dal basso con Oviglia e Caneparo su Charlot, alla Parete del Disertore.

1986: anno di transizione, caratterizzato in bassa valle da alcune importanti prime salite in libera da parte di Oviglia, che prima di trasferirsi definitivamente in Sardegna ripete e sale all free di tutto, dalla iperspittata Miroir Doc alla Grotta Fiorita alla parete delle Aquile fino alle vie di Beuchod. L’amico Caneparo continua invece con le aperture tralasciando gli spit e passando ai pochi settori ancora inesplorati della valle.

Mochino dal canto suo libera la Cannabis e gli Angeli della Morte al Sergent eguagliando i vertici del IX grado toccati da Pedrini pochi anni prima.

1987: si tratta di un anno avaro di salite e le poche che vengono portate a termine non utilizzano ancora lo spit, come invece avviene già da tempo nel massiccio del Monte Bianco.

1988: altro anno di stasi quasi totale. Gli spit sono però alle porte e cominciano timidamente a comparire nel Vallone di Forzo su vie lunghe. L’autore è la guida Nazareno Valerio che tuttavia per posizionarli si cala ancora dall’alto, come fece Pedrini al Caporal quattro anni prima.

1989: come il 1973 fu l’anno della svolta filosofica che portò all’esplorazione delle pareti di bassa valle, il 1989 può essere sicuramente considerato l’anno della rivoluzione tecnologica portata dallo spit.

Manlio Motto, paladino dello stile di apertura dal basso con gli spit, in sostanza non fa altro che importare sulle paretí del Gran Paradiso il metodo di apertura di Michel Piola.

E lo fa, dapprima timidamente, sulle pareti di bassa valle del Vallone di Forzo. È però chiaro a tutti, e fin da subito, che lo spit viene utilizzato con parsimonia e che le difficoltà su cui apre Motto sono alte e poco popolari. Per questo in un primo momento le aperture di Manlio passano inosservate. Viene raggiunto da Motto il limite del 6c obbligatorio tra uno spit e l’altro.

1990: Manlio Motto, com’era prevedibile, alza il tiro e attacca l’Ancesieu nel Vallone di Forzo aprendo nel suo stile che prevede obbligatori sino al 7a. In un primo momento pochi riescono a salire e in valle si va creando man mano un nuovo mito. Ma ci vorrà ancora un anno prima che Manlio osi attaccare le pareti di Balma Fiorant.

Ritorna anche Gian Carlo Grassi sul Sergent con una nuova via, ma in parte aperta dall’alto, mentre sul Caporal, si registra il passaggio dei fratelli Remy che aprono la difficile Tapis Roulant, incrociando però, talvolta eccessivamente, le vecchie vie.

1991: Motto rivolge la sua tecnica a pareti dimenticate o non ancora valorizzate. Nella Valle di Ribordone riesce a trovare la Cima Testona e vi apre numerose vie impegnative.

È però alla Torre di Aimonin che la cordata Motto-Sartore dà il meglio di sè in apertura, con obbligatori su placca veramente difficili e selettivi. Le numerose vie aperte su questa struttura rimarranno i loro capolavori in bassa Valle dell’Orco, prima che Motto stesso rivolga le sue attenzioni alle montagne del Monte Bianco e del Piantonetto.

Nei Sibillini muore anche Giancarlo Grassi, protagonista delle prime esplorazioni di Balma Fiorant e di buona parte delle pareti piemontesi.

1992: ancora Motto e compagni saturano il Cubo con vie più brevi ma sempre impegnative. Rispetto alla Torre di Aimonin, sulle vie del Cubo si incomincia ad avvertire un po’ più di indulgenza verso i ripetitori e una certa strizzatina d’occhio all’arrampicata sportiva che si sta affermando in tutta Italia. Da questa proviene Gabriele Bar che con Claudio Bernardi attacca la parete a destra del Diedro Nanchez sul Caporal. La via, completamente a spit, sarà per lungo tempo la più dura della valle, a oggi non ancora completamente salita in libera.

1993/1994: un altro periodo di stasi, questi due anni non offrono imprese di rilievo. È da registrare, infatti, solo una nuova via sulla Parete delle Aquile e una via di Gabriele Bar e Claudio Bernardi sui risalti di bassa valle.

1995: ritorno alla grande di Daniele Caneparo sul Sergent, dove inaugura una via lunga a spit aperta dal basso, con obbligatorio abbastanza impegnativo: Battesimo del fuoco. Più che di impresa si può parlare di salita che fa un po’ da catalizzatore per un ritorno alle aperture in modo più regolare. Ma se Caneparo è ritornato con gli spit, Vistarini prosegue nella sua saturazione della Parete dei Falchi, adoperando ben poco i chiodi a espansione.

1996: anno nuovamente importante, sancisce il ritorno di Motto alle montagne di casa sua per la valorizzazione in un’ottica moderna dell’intero bacino di Piantonetto. Ma se è vero che anche in questo nuovo corso ritroviamo delle vie impegnative come la Motto-Sartore, si può senz’altro affermare che le nuove vie sono più popolari e hanno un occhio di riguardo all’indice di gradimento dei ripetitori. C’è aria di professionismo ed è innegabile che le vie che sforna ora Motto, pur perfette e tecnicamente ineccepibili, non hanno più il sapore delle sue vecchie realizzazioni. La massa però sembra gradire e Motto diviene quasi una star del moderno alpinismo. Nel mentre sulle pareti di Balma Fiorant Vistarini e compagni continuano a sfornare vie che si inseriscono nel solco della tradizione mentre più in basso, all’inizio della valle, qualcuno comincia a guardare con più attenzione quelle piccole falesie sino ad allora ignorate. Dopo Bosco, vengono chiodate Frachiamo e la Falesia di Luca.

1997: Manlio Motto procede a tappeto nella modernizzazione del Piantonetto.

La via dell’anno è però quella che l’artificialista Valerio Folco riesce a trovare nelle pieghe del Sergent. Diversi giorni per portare avanti Supersonic e difficoltà “new age” mai raggiunte in Valle, anche se valutate sempre A4… Ritorno all’apertura anche da parte della guida locale Roberto Perucca con un itinerario artificiale breve ma molto estetico: L’Escargot al Dado.

1998: nuovamente grande fermento: Oviglia apre una difficile via moderna (spit dal basso) a sinistra del Diedro Nanchez al Caporal mentre Valerio Folce traccia un’altra via estrema di artificiale, questa volta sul Caporal. L’artificiale più duro della penisola? Colpito da un fulmine sul Cervino, se ne va Gabriele Beuchod, uno dei maggiori protagonisti della storia della valle.

1999: il protagonista della stagione è ancora Oviglia che chioda e libera una difficilissima placca sul Lost Arrow, Sergent. La battezza ironicamente 5.13, un grado praticamente sconosciuto in valle. La via in effetti si aggira intorno all’8a e diverrà molto temuta e ambita negli anni successivi, con pochissime ripetizioni. Intanto però riesce subito a ripeterla sua moglie, Cecilia Marchi.

Nel frattempo Roberto Perucca apre sulla parete del Disertore Orcoidea Selvaggia: sarà una delle sue ultime vie prima di scomparire in un beffardo e tragico incidente in Piantonetto. Se ne va un altro dei protagonisti del dopo Nuovo Mattino.

2000: un’altra difficilissima via per Valerio Folco sul Caporal, Aereospike, dove si raggiunge il limite dell’A5. In altre parti della valle si pongono invece le basi dell’arrampicata plaisir che sta già dilagando in altre zone piemontesi come la Rocca Sbarua. Tuttavia, fortunatamente, in Valle le vie aperte in questa ottica rimarranno sempre poche e isolate.

2001: i due fuoriclasse finalesi famosi per le loro dita di ferro Giovanni Massari e Guido Cortese ripetono la via 5.13 al Sergent e suggeriscono un più equo grado di 7c+. Non si hanno però notizie di ripetizioni successive… Giovannino compie un intelligente restyling del Dado, salendo alcune fessure in free-climbing e tentando di rilanciare la libera. Intanto il fortissimo Tony Lamprecht sale con apparente facilità il primo tiro di Fragilità Celebrale al Sergent, ma senza chiodi e staffe, senza pensare minimamente di aggiungere spit o chiodi. É 7b+, ma al di là del grado si tratta di un gesto innovativo che sul momento passa del tutto inosservato.

Intanto sulle orme di Caneparo c’è il giovane Adriano Trombetta, audace e ambizioso. Dopo un breve apprendistato con lo stesso Daniele si lancia in due vie nuove sulle placche ancora libere del Sergent, aperte dal basso e con gli spit, ma con obbligatori severi.

Trombetta si esprimerà negli anni successivi essenzialmente sulle pareti di Noaschetta, e farà parlare di sè soprattutto per alcuni obbligatori pericolosi.

2002: alcuni fuoriclasse dell’arrampicata libera si interessano finalmente alla Valle dell’Orco. Da un lato ecco Valerio Folco, che pur essendo conosciuto per le sue artificiali è anche un ottimo liberista. E tra i suoi amici c’è il giovane e sconosciuto Massimo Farina, un talento dell’arrampicata libera desideroso di allargare il suo campo d’azione. Valerio propone a Massimo di liberare alcune vie di artificiale del Caporal, sull’esempio di quanto fatto in Yosemite. La prima a cadere è Mangas Coloradas che Massimo valuterà 7a+ (rivelatosi poi severissimo). Ma il Caporal attira  le attenzioni anche del trentino Rolando Larcher che riesce in libera su Colpo al Cuore, già tentata invano da Vighetti e Nardi. É il primo 8a della Valle e non a pochi metri dal suolo! Nel frattempo Trombetta e Caneparo continuano la loro opera di saturazione degli spazi liberi rimasti sul Sergent.

2003: ancora un anno in cui a farla da padrone è la libera estrema. Massimo Farina continua nel suo progetto denominato Macchina del tempo e riesce a liberare la Rivoluzione al Caporal (7c, poi rivalutata 7c+) e il Lungo Cammino dei Comanches. Cristian Brenna e Marzio Nardi tentano di liberare Itaca nel Sole ma solo Brenna riesce in entrambe le lunghezze chiave della via, che grada 8b. Ma la notizia dell’anno è la libera da parte dello svizzero Didier Berthod di Greenspit, una fessura su un sasso aperta da Roberto Perucca anni prima. Didier grada la fessura 8b +, la più dura del Vecchio Continente. Per la prima volta, dopo molti anni, la Valle balza in prima pagina sulle riviste, anche grazie alle bellissime foto, scattate da Frederic Moix.

2004: dopo due anni di grande libera si ricomincia a parlare di aperture di più tiri: è tempo di trasportare l’alta difficoltà sulle grandi pareti, ma è tempo anche di lasciare la propria firma.

Lo sa bene Massimo Farina che con Ezio Marlier apre una difficile via sul Caporal, all’estrema sinistra, e poi anche sulla Parete del Serpente di Legno. Un altro giovane valdostano osserva le gesta di Farina: è Matteo Giglio, che invitato da Anna Torretta crea insieme a lei due bellissime vie nuove sulla Parete dell’Acqua Chiara, per anni rimasta nel dimenticatoio.

Altre due vie nuove nascono sulla parete ovest del Cubo, e sono opera di Claudio Bernardi e Gabriele Bar.

2005: ancora una via nuova di artificiale per Folco sul Caporal, l’ultima di una lunga serie. Purtroppo in febbraio Massimo Farina muore su una cascata mentre si avviava a divenire uno dei più promettenti talenti italiani.

Berthod torna a rifare Greenspit mettendosi le protezioni mentre sale, facendo intuire quanto sia importante l’etica di una realizzazione su certi terreni…

Adriano Trombetta riesce a liberare La Tromba dell’apocalisse al Sergent (7c+) forse la sua via più difficile.

2006: nuovi personaggi si affacciano sulle rocce della valle, mentre i fuoriclasse sembrano allontanarsene, almeno provvisoriamente. Viene chiodata la falesia della Pietra Filosofale e alcune vie nuove di carattere decisamente più abbordabile di quelle che avevano caratterizzato gli ultimi anni.

La valle diventa automaticamente più popolare, anche grazie a siti internet come gulliver.it, dove tutti scrivono le proprie impressioni sulle vie ripetute. Il web comincia quindi a influenzare le scelte e a canalizzare le ripetizioni su certe vie piuttosto che altre. Compaiono gli spit su alcune classiche (già all’inizio del decennio) mentre alcuni vengono rimossi.

2007: Fabiano Contarin e amici iniziano ad aprire sulla Parete dei Cornflakes, forse una delle pochissime sino allora rimasta vergine. I liberisti, sembrano essere spariti improvvisamente, ma le vie classiche sono sempre frequentatissime.

Massimiliano Celano e soci creano Il Droide, forse la più bella falesia della zona.

2008: Rolando Larcher aggiunge un altro 8a al Sergent, un monotiro. Torna in valle Oviglia, che sale due vie nuove al Sergent con pochi spít e molto spazio alle protezioni mobili. In più individua diversi monotiri da fare in clean climbing: si. comincia a pensare alle fessure come a un patrimonio da difendere e preservare. Dello stesso avviso il fuoriclasse belga Nico Favresse, che in un breve soggiorno ripete Greenspit, Itaca nel sole e sale a vista la celebre fessura di Legoland, secondo il suo parere solo 5.11d!

2009: Oviglia aggiunge diverse vie nuove spostando via via l’accento sul clean climbing. Nel frattempo, fanno lo stesso gli inglesi Tom Randale Pete Witthaker, che esplorano alcune fessure sui risalti della valle che nessuno aveva mai preso in considerazione. Steve Haston scala flash Greenspit e la degrada ad 8b. Michele Amadio e Adriano Trombetta sono protagonisti di alcune belle prime libere. L’autunno è piuttosto caldo: esplode la polemica sul web dopo la schiodatura di alcune vie classiche da parte di ignoti. L’opinione pubblica si divide tra chi rivendica una valle dove arrampicare in tutta tranquillità anche protetto da spit e chi è fortemente contrario alla chiodatura delle fessure e delle vie classiche. In ogni caso la Valle dell’Orco è sempre al centro dell’attenzione

Analizzando la sequenza cronologica dei fatti è senz’altro interessante rilevare come in Valle dell’Orco il ritmo delle aperture sia sempre stato variabile e non regolare. Periodi di stasi si sono alternati a epoche in cui un grande fermento catalizzava l’attenzione degli arrampicatori più attivi.

Limitandosi agli anni più fecondi di aperture, si possono distinguere alcuni periodi ben definiti, che potremmo tentare di catalogare e definire con un termine, anche se questo potrà sembrare uno sterile esercizio accademico:

1973/1976: periodo del Nuovo Mattino. Questa filosofia, elaborata da Motti, porta gli alpinisti ad apprezzare anche le strutture di bassa valle e ad aprire secondo una nuova ottica. Si tratta di un rinnovamento più culturale che tecnico, la difficoltà delle nuove vie ne é solo una conseguenza e non è dovuta ai padri del Nuovo Mattino.

1978/1982: periodo neo-esplorativo. In questi anni gli arrampicatori reduci del Nuovo Mattino, si votano a un alpinismo intimista e poco popolare, come in Noaschetta e sul versante sinistro della Valle dell’Orco.

In bassa valle il free-climbing raggiunge i suoi massimi livelli con i fuoriclasse del momento senza tuttavia divenire mai (come altrove) arrampicata sportiva.

1983/1985: periodo neo-classico. I reduci si uniscono ai figli del Nuovo Mattino per due grandi stagioni di aperture, sia in montagna che in bassa valle. L’esperienza degli anni precedenti serve ad affrontare le pareti con un’ottica nuova e con rinnovati mezzi fisici ma l’etica di apertura privilegiata ritorna a essere quella tradizionale.

1990/1993: periodo moderno. Gli spit arrivano e sconvolgono la geografia delle pareti di bassa valle e si affacciano timidamente alla montagna..

1995/1999: periodo post-moderno. Si generalizzano le aperture a spit in montagna ma c’è anche un ritorno al classico e all’esplorazione in modo tradizionale ma su linee più difficili.

2003/2004: la libera estrema. Alcuni fuoriclasse dell’arrampicata sportiva e non visitano la valle: sotto il profilo dell’alta difficoltà è ancora tutto da dire. Ma sarà un fuoco di paglia o solo un preludio per un boom futuro come avvenuto in Yosemite?

2007/2010: ritorno al futuro. Forse come reazione alla spittatura dilagante sembra tangibile un certo ritorno al free-climbing della fine degli anni settanta, ma con etica ancor più radicale, sul modello anglosassone. Pochi chiodi e quasi niente spit, ma solo protezioni naturali dove possibile. Sembrano delinearsi due opposte correnti di pensiero e le posizioni si radicalizzano.